Domani, domenica 17 aprile 2016, si vota. Questo ormai è assodato, ma mi pare che ci sia una gran confusione sul tema della consultazione referendaria e sulle motivazioni dei promotori. Proviamo a far chiarezza, perché sperare di trovare qualcosa di concreto sulla stampa, o peggio ancora in Tv, pare impossibile.

Si sente dire da molti che questo è un Referendum inutile, che qualsiasi cosa succeda non cambierà niente…ma se le cose stanno realmente così, perché lo stato maggiore del Pd, Renzi in testa, con il bene placito dell’ex presidente della Repubblica Napolitano, si è mobilitato invitando all’astensione?
In Tv ci dicono tutto su chi vota Sì, chi vota No, chi si astiene, chi parla di consultazione bufala, di posti di lavoro che verranno irrimediabilmente persi, ma poco si racconta del quesito stesso.

Si tratta di un Referendum abrogativo che è stato promosso da nove regioni italiane: Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto. Il quesito al quale siamo chiamati a rispondere, con un si o con un no, è il seguente: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?” Materia del quesito referendario sono, solo ed esclusivamente, le trivellazioni già in essere entro il limite delle 12 miglia dalla costa italiana. In particolare si vuole abrogare un passo dell’articolo 6, comma 17, del Decreto Legislativo 152 del 2006, sulle “Norme in Materia Ambientale.” L’articolo recita che “ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali, o in attuazione di atti e convenzioni internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare.” La frase incriminata , da abrogare, è la seguente: “I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”. Con questa precisazione, palesemente in contrasto con l’articolo stesso, si permette di trivellare a piacere anche entro le 12 miglia (per le quali dal 2016 non saranno date nuove concessioni) anche dopo il termine di scadenza della concessione in essere.

So che parlare per articoli e comma è noioso e viene voglia di interrompere la lettura dopo due parole, ma è importante sapere esattamente su cosa siamo chiamati ad esprimere il nostro voto ed è importante chiarire le modalità di un voto su cui si sta facendo solo disinformazione, fornendo, deliberatamente, una serie di informazioni sbagliate. Si è fatto credere all’interno di trasmissioni di approfondimento e anche nei Tg che il Referendum si votasse solo nelle 9 regioni che lo hanno promosso e a chi sollevava obiezioni a riguardo è stato detto, minimizzando sull’importanza della materia di voto, che solo chi vive davanti al mare è interessato a quello che succede nel mare e gli abitanti delle regioni senza sbocchi sul mare hanno altre priorità! Come se non fossimo una nazione, come se i soldi che sono in ballo nella storia delle trivellazioni non fossero soldi di tutti, come se al mare ci andasse solo chi ci vive….

Dietro questa disinformazione c’è una manovra ben precisa. Così come c’è del dolo nella scelta del Governo di non accorpare il Referendum alle imminenti Elezioni Amministrative, anticipando di tanto il voto e impedendo così una più capillare informazione ai cittadini. Per non parlare della continua pressione ed esortazioni al non voto. A questo proposito Paolo Ferrero, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, ha denunciato alla Procura della Repubblica di Roma Matteo Renzi per il reato di induzione all’astensione ai sensi dell’articolo 51 della legge 352 del 25 maggio 1970 che indica: “…chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie funzioni all’interno di esse, si adopera (…) ad indurli all’astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni…” Ferrero ha sottolineato come le recenti e continue dichiarazioni pubbliche fatte da Renzi a favore dell’astensione al Referendum costituiscano una palese violazione della legge e una offesa alla democrazia che lui dovrebbe tutelare e non calpestare.

Tornando alla materia del Referendum, augurandomi che il quorum venga raggiunto e non venga sprecato il diritto al voto, dobbiamo approfondire le ragioni di che sceglie di votare Sì e di chi opterà per il No e capire cosa succederà dopo il voto.

I sostenitori dell’astensione rivendicano che non andare a votare ai Referendum abrogativi è un loro sacrosanto diritto costituzionale e si augurano che non venga raggiunto il quorum, cosa che porterebbe a lasciare le cose come stanno facendo fallire la consultazione.

Chi voterà No lo farà con la convinzione che questo Referendum non cambia nulla, tanto che, se anche vincesse il Sì, nulla cambierebbe sulla possibilità di fare nuove trivellazioni marine. Le trivelle esistenti continuerebbero ad operare. In ballo c’è solo il rinnovo di concessioni su qualche decina di piattaforme che andranno a scadere tra il 2018 e il 2034. Sostengono inoltre che questo referendum non cambia nulla dal punto di vista della domanda di idrocarburi degli italiani che dovrà comunque essere soddisfatta aumentando le importazioni. Rendendoci ancora più dipendenti dalle multinazionali straniere del petrolio. E la vittoria del Sì provocherebbe anche la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro.

I sostenitori del Referendum, e quindi del Sì, hanno evidenziato come trivellare il mare non sia né strategico (meglio incrementare fonti energetiche alternative), né conveniente (abbiamo poco petrolio e di scarsa qualità) e nemmeno sostenibile (importante impatto sull’ecosistema marino e sul paesaggio costiero). Ci sono inoltre diversi tipi di rischio ambientale. Ad esempio studi di Greenpeace, basati su dati forniti dal Ministero dell’Ambiente, dimostrano che i sedimenti nei pressi delle piattaforme sono spesso molto contaminati, in particolare da metalli pesanti (cromo, nichel e piombo), con evidenti effetti sulla catena alimentare che porta al nostro consumo di pesce.
Per quanto riguarda gli occupati nel settore le concessioni resteranno attive sino alla scadenza e quindi per molti anni ancora e in realtà sono coinvolti molti meno lavoratori di quanto si è detto e tutti potranno essere tranquillamente ricollocati in settori analoghi.

Nelle acque territoriali italiane l’attività di estrazione di idrocarburi riguarda prevalentemente gas naturale, ma anche petrolio. Tra le piattaforme attive entro le 12 miglia una parte non è in funzione, alcune sono non operative e altre non eroganti, ma campeggiano ancora nelle nostre acque. Le altre producono poco e sono perennemente sotto la franchigia, esentando quindi le compagnie dal pagare le royalties. Ottenuta la concessione dallo Stato per sfruttare il giacimento, le società devono pagare una tassa calcolata in percentuale sul valore del gas o del petrolio estratti. Le royalties sono del 10% per le estrazioni di gas e di petrolio in terraferma e per il gas in mare, mentre sono del 7% (le più basse del mondo) per quelle di petrolio in mare. Le società estrattive non le pagano se producono meno di 20.000 tonnellate di petrolio su terraferma e meno di 50.000 in mare, rivendendolo però tutto a prezzo pieno.

In definitiva se vincerà il No le piattaforme operanti all’interno delle 12 miglia marine potranno proseguire l’attività di estrazione fino a che i giacimenti non saranno esauriti. Con la vittoria del Sì le piattaforme oggi attive continueranno a lavorare fino alla normale scadenza della concessione, o dell’eventuale proroga già ottenuta, ma poi non ci sarà nessuna nuova proroga, e andranno smantellate.

E la chiave di tutto è proprio questa: le imprese concessionarie, alla cessazione della concessione, hanno l’obbligo di smontare le piattaforme e bonificare fondali, acque e habitat circostante. Il costo di questa operazione si aggira, nella migliore delle ipotesi sui 25 milioni di euro per piattaforma.
Prorogando le concessioni le imprese non devono bonificare e ciò si traduce in concreto in un regalo di molti milioni di euro che il governo ha fatto ai petrolieri, senza contare che già questi pagano veramente cifre irrisorie per avere le concessioni. Tutto ciò spiega perfettamente perché si stiano impegnando così tanto nel boicottare il voto!

In conclusione vi ricordo che ogni voto è importante e che domani si vota in tutta Italia, nel proprio seggio di appartenenza, dalle 7 alle 23. Non dimenticate la tessera elettorale e un documento di riconoscimento. E ricordate che votare entro le 11 del mattino è un buon modo per spronare tutti ad una maggiore partecipazione e per sperare nel raggiungimento del quorum. Votate! Votate! Votate! Io Sì che lo farò!