Oggi si va alle urne per le consultazioni amministrative. Si voterà in 1.342 comuni, di cui 25 capoluoghi di provincia e 7 capoluoghi di regione. 149 sono i comuni superiori ai 15.000 abitanti e 1.193 quelli con meno di 15.000 abitanti. Sono chiamati al voto 13.316.379 elettori, di cui 6.382.798 uomini e 6.933.581 donne. Al seggio per la prima volta ci saranno 18.318 diciottenni, 9.847 uomini e 8.471 donne. Voteranno per le elezioni comunali anche 46.781 cittadini U.E. residenti in Italia, che ne hanno fatto regolare richiesta.
Il comune con il corpo elettorale più numeroso è Roma con 2.363.776 elettori (1.110.576 uomini e 1.253.200 donne). Il comune più piccolo è Morterone (Lecco) con 31 elettori (17 uomini e 14 donne) ed una sola lista civica. Verranno eletti i primi sindaci di 10 nuovi comuni, istituiti a seguito di fusione in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Le operazioni di voto si svolgeranno nella sola giornata di domenica 5 giugno dalle 7 alle 23, e l’eventuale ballottaggio, per i comuni con più di 15.000 abitanti, è previsto domenica 19 giugno, sempre dalle 7 alle 23 (dati del sito del Ministero dell’Interno). Ovviamente, i riflettori sono puntati sulle 5 città più importanti, che daranno indicazioni di tipo non solo amministrativo, ma anche politico: Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli.

Poi ci sono io. Le urne sono già aperte da qualche ora, ma non ho ancora votato, piena di dubbi e rabbia. Io che ero sempre tra i primi ad entrare al seggio per compiere il mio diritto e dovere.
Ogni volta che segno quella ics a matita sul mio simbolo mi emoziono. Mi tremano le mani, si secca la gola…penso alle battaglie per i diritti, il voto alle donne, la libertà di esprimere attraverso un semplice voto i propri ideali, sapendo che chi eleggi è pronto a rappresentarli…è per questo che non voterò mai un movimento che nega le ideologie. Io devo sapere dove si siederanno i miei rappresentanti prima di votarli e non dopo. Ricordo ancora le sensazioni del mio primo voto, la soddisfazione di essere finalmente adulta e la paura di rovinare quel foglio di carta così importante che mi avevano dato tra le mani. Il terrore di non saper richiudere la scheda e la tensione che calava mentre la infilavo nella fessura dell’urna.

E adesso? Oggi per me non è così. Oggi non provo niente. Nel comune in cui ho la sfortuna di votare abbiamo raggiunto il bipolarismo perfetto. Una lista civica di catto-centro-(poca)sinistra e una lista di centro-destra-leghisto-razzista. Peccato che io sia da sempre contraria al bipolarismo, soprattutto se nessuno dei due schieramenti mi rappresenta. Peccato che io non ami per niente il guazzabuglio delle liste civiche e la seguente perdita degli ideali e dei valori.
In questo comune si è litigato costantemente, per l’intera campagna elettorale, su come realizzare, da una palazzina che prima o poi crollerà addosso a qualcuno, un polo culturale. Ma il come riguarda solo lo stile architettonico e non i contenuti. Altri temi fondamentali sono: spostare o ristrutturare il campo della locale squadra di calcio e fare la guerra o fare guadagni dalle macchinette nei locali. Il resto è sui programmi solo per riempire pagine. Il resto sarà affrontato allo stesso modo da chiunque vinca e i temi che stanno veramente a cuore ai cittadini normali qua non esistono. Le uniche problematiche che interessano ai miei concittadini sono le cacche dei cani, la luce dei lampioni (che sembra rifiutarsi di illuminare alcune zone del paese) e che ci siano abbastanza volontari all’oratorio!

Ho anche pensato di non andare a votare, ma il mio senso civico è profondamente radicato per scegliere l’astensione. Andrò alle urne e forse solo lì deciderò cosa fare con la mia scheda, chi votare e perché. Tanto per cominciare potrei farmi subito odiare, chiedendo, legittimamente, di togliere i simboli religiosi dal seggio (la croce campeggerà sicuramente nell’aula). Ma la cosa poi andrebbe per le lunghe, rendendo ancora più penoso il mio adempimento al voto. Potrei scrivere quello che penso sulla scheda. Potrei disegnare quel simbolo che secondo me manca da troppo tempo e poi porci sopra il mio voto. Potrei turarmi il naso e scegliere il meno peggio. Sicuramente il mio voto non andrà mai al peggio del peggio. Non vado contro i miei principi. Non vinceranno grazie a me, quelli che continuano a farmi il test del dialetto, quando entro nei loro negozi (dove a dire il vero non vado più). Non voterò chi impedisce la mia integrazione nel tessuto sociale di questo povero paesello e mi rifiuta persino l’iscrizione sul gruppo di facebook, perché il mio cognome non è tipico del mio comune. E qui si chiamano tutti allo stesso modo!
Oggi provo invidia per i cittadini che hanno la possibilità di scegliere tra più candidati. Vorrei votare a Roma, a Bologna, a Milano, a Napoli….vorrei farlo ovunque, ma non qui!