Femminicidio.
Rifletto.
Sono giorni, settimane che provo a scrivere quello che penso sul femminicidio, ma poi, dopo aver letto qualche resoconto, dopo aver visto numeri e statistiche mi blocco. Butto giù qualche riga, salvo il documento e rimando. Il giorno dopo leggo altre notizie, rifletto sui collegamenti. Scrivo qualche mio pensiero. Qualche riflessione. Allargo l’orizzonte alle implicazioni sociali e culturali. Poi mi si incasina tutto in testa. Chiudo il documento e passo oltre. Ho almeno una decina di file diversi, ma tutti collegati. Metterli insieme, però, mi costa una gran fatica. Allora ho pensato che questo mio blocco debba assolutamente far parte del mio pensiero. Perché non è il blocco dello scrittore, ma è sofferenza, rabbia, rancore….è un nodo che mi porto dentro da tempo.

Così ho deciso, che per parlare di un tema così delicato e importante come il femminicidio, non posso ignorare la mia difficoltà e devo, invece, partire proprio da essa.

Io ho perso la mia parrucchiera, era una amica. Uccisa dal marito, di notte, nel loro letto. Soffocata brutalmente. Lui, un uomo con problemi. L’avevo visto il giorno prima passando in auto davanti a casa sua. Era Pasqua. Aveva uno sguardo cattivo. Lo dissi a mia mamma: “Come fa Mara a stare con uno così. Ha una faccia cattiva.” Lei aveva un carattere dolce, un sorriso solare. Lei voleva aiutare il marito ad uscire dalla dipendenza e dai suoi problemi. Lei è rimasta con lui nonostante tutto, quando le persone che aveva vicino le dicevano di lasciarlo. Lei poteva cambiarlo, così diceva. Insieme ce l’avrebbero fatta. Non ce l’ha fatta. Lei non c’è più. E io non riesco nemmeno a ricordare da quanti anni lei non c’è più, perché aprire questo capitolo della mia esperienza di vita fa male, molto male.

Come può l’uomo, che dice di amarti, provocare la tua sofferenza e la tua morte? Come posso in quanto donna sopportare che ciò possa succedere ad altre donne? Come possiamo difenderci da certi uomini che hanno una visione dell’amore tanto distorta? Si può morire per amore?
Vorrei tanto che tutte le donne si ponessero le mie stesse domande, ma so che non è così! E ciò aggiunge dolore al dolore.
Mi fanno male quelli che sostengono che anche le donne uccidono gli uomini, ma non si fa tanto clamore! Mi fa ancora più male quando simili discorsi escono dalla bocca delle donne!
Certo è vero, anche le donne uccidono gli uomini, ma quasi sempre sono donne che per tutta la vita hanno subito abusi e non hanno trovato una via d’uscita. Non hanno potuto o saputo trovare una via d’uscita al loro dramma. Mentre quando un uomo uccide la donna che diceva di amare c’è dietro tutta una logica perversa, culturalmente accettata e tramandata!

Quando un uomo uccide una donna che vuole lasciarlo crede che sia nei suoi diritti farlo. Prende un po’ troppo alla lettera il “finché morte non vi separi!” Ci sono tanti campanelli d’allarme che dovrebbero insospettirci e indicarci che stiamo subendo una forma di violenza: quando una donna smette di uscire con le amiche perché suo marito o fidanzato non gradisce la cosa; quando non può truccarsi o vestirsi bene a meno che non esca sotto braccio al suo uomo; quando dopo aver avuto dei bambini il compagno sceglie per lei un futuro fisso da casalinga; quando una donna non è più libera di fare scelte individuali. La cultura del rispetto e la vera parità tra i sessi sono ben lontani da situazioni come queste.

Circa 60 donne uccise nei primi 8 mesi del 2016. Omicidi avvenuti in ambito familiare o nell’intreccio di relazioni sentimentali più o meno stabili. Violenze esercitate in modo sistematico in un contesto ideologico di stampo maschilista e patriarcale per mantenere la subordinazione economica, psicologica e fisica della donna che poi sfociano nel dramma estremo. E’ una violenza di genere che non può avere, per la sua stessa natura, un corrispettivo invertito. L’uccisione di un uomo per mano della sua compagna non avverrà mai perché culturalmente supportata.
L’uomo è destabilizzato dalla conquista dell’indipendenza e dell’autonomia della donna dagli anni Sessanta ad oggi. Colpito nel suo maschilismo, nella sua gestione possessiva della coppia spesso non è riuscito ad emanciparsi dalla cultura maschile in cui è cresciuto. Il rifiuto da parte della donna, la fine di un matrimonio, la necessità della donna di avere spazi autonomi minano l’autostima dell’uomo che non sa reagire a questo fallimento. Questa difficoltà dell’uomo emerge quotidianamente negli atteggiamenti e nel linguaggio ed è supportata anche da molte donne “maschiliste”. Per esempio, femminicidio e violenza maschile sono parole tabù, si parla invece di crimini passionali o amore criminale spostando il focus dalla tragedia al sentimento! Si criticano le donne che lavorano e vogliono far carriera o quelle che decidono di non volersi sposare e creare una famiglia. Per quanto riguarda le esperienze sentimentali e sessuali, l’uomo è un conquistatore, la donna è sempre una puttana e lo è anche solo per come si veste. In ambito lavorativo, dove si è raggiunta solo una parità di facciata, parlando di una segretaria si fanno ancora allusioni sessuali.

Questo è anche uno dei motivi per cui io sono contraria alle quote rosa, le ritengo controproducenti: vorrei mi fosse assegnato un incarico per le mie qualità e competenze e non perché imposta la mia presenza di numero a testimoniare una finta parità. Vorrei che alla domanda “perché questa lavora qua?” si possa rispondere “Per la sua professionalità/bravura/competenza/curriculum…” e non perché “siamo obbligati ad avere il 50% di donne”….
Quando una donna ricopre un incarico di un certo livello viene attaccata in ogni modo e il primo pensiero che viene formulato è il classico “a chi l’ha data per essere qua.” E questo avviene comunque, sia che ci troviamo davanti ad una persona incompetente sia che la donna in questione sia la persona più qualificata per il suo lavoro. Davanti ad un uomo non viene mai posto il pregiudizio che abbia ottenuto un lavoro in quanto compagno di letto di qualcuno, al massimo ci si chiede di chi sia figlio o da chi sia stato raccomandato e ciò avviene solo se non è all’altezza del ruolo ricoperto. Adesso vogliamo veramente che le donne siano anche imposte sul lavoro da una legge? No, in quanto donna, io dico No, grazie!
Le quote rosa sono solo uno dei tanti contentini che la società maschilista fa alla donna che osa smarcarsi dal fornelli casalinghi o dalla cassa di un negozio. La nostra quotidianità è pregna di maschilismo che trasuda nelle parole che usiamo, nelle allusioni, nei comportamenti degli uomini e, purtroppo anche delle donne che invocano libertà e parità e poi, spesso, sono le prime a contrastare il vero cambiamento. Donne che tirano fuori il peggio quando invece dovremmo essere tutte compatte e unite, ad esempio di fronte alla violenza sessuale.

Come diceva la grande Franca Rame, che di violenza subita, purtroppo, ne sapeva qualcosa: “Passano gli anni ma gli atti di violenza sessuale contro ragazze sono sempre all’ordine del giorno, stupri, violenze fisiche e morali contro le donne. Processi dove, guarda caso, le donne, sono sempre le colpevoli”
La donna è un oggetto, soprattutto un oggetto sessuale e in quanto tale deve sempre dire di sì, altrimenti diventa un oggetto violentabile. Lo stupro si abbatte sulla vita delle donne in una maniera travolgente. Dopo aver patito una sofferenza inimmaginabile sul piano fisico e psicologico, durante l’atto subito, dovrà iniziare per la vittima un percorso fatto di umiliazioni e accuse. Diventerà una che se l’è cercata, che ha provocato, una facile, una che se non gridava durante l’atto è perché sotto sotto le piaceva così…Durante un processo per stupro è la vittima che deve dimostrare la sua innocenza. Follia!
“Sono vicina alle famiglie dei figli maschi. Per come si vestono, certe ragazze se la vanno a cercare”; “Sapevamo che era una ragazza un po’ movimentata. Una che non sa stare al posto suo”; “C’è molta prostituzione in paese”. Queste deliziose frasi sono rivolte ad una ragazzina di 16 anni che ha subito violenze ripetute da 9 ragazzi, per tre anni. Aveva 13 anni quando tutto è iniziato. Molti sapevano, forse anche la famiglia. Omertà. Giustificazioni. Ragazzi coperti anche da un poliziotto, fratello di quello che la bambina credeva fosse il suo fidanzatino….il suo primo amore, quello che non si dimentica mai. In pochi si schierano con lei. Lei è uscita allo scoperto. Ha trovato la forza di raccontare tutto ad una psicologa, la forza di denunciare. Per lei è finito un incubo, adesso ne inizierà un altro. Doversi difendere. Trovare un percorso di guarigione per le sue ferite. Avrà contro tanti uomini e troppe donne. Lei ha vinto. Soffrirà, ma ha saputo dire basta.

Le donne vittime di femminicidio spesso ci hanno provato a dire basta. Lo hanno detto chiudendo relazioni sbagliate, ma non hanno denunciato le violenze subite e se lo hanno fatto non hanno avuto il supporto necessario per potersi salvare. Spesso hanno pensato di poter risolvere tutto a quattrocchi, con un ultimo incontro. L’ultimo. Definitivo e letale.

Uomini violenti ci saranno sempre. Dobbiamo riconoscerli. I segnali di allarme devono metterci in guardia: una gelosia smisurata, una possessività morbosa, lo stalking, comportamenti sado-masochistici, risposte violentemente inadeguate, il modo in cui trattano le donne e ne parlano…e non dobbiamo cadere nella nostra perversione materna del voler curare e salvare uomini che né vogliono, né meritano le nostre attenzioni. E poi non mi stancherò mai di dire che dobbiamo cambiare la cultura dominante della nostra società, insegnando ai nostri figli, nipoti, alunni i valori della parità e dell’individualità. Serve una concezione diversa dei ruoli di genere. Dobbiamo iniziare dalle piccole cose e smettere di etichettare i bambini sarebbe già un buon inizio. Perché diamo del maschiaccio ad una bimba vivace e diciamo femminuccia ad un maschietto che piange? Perché siamo ancora succubi di una cultura arcaica!
Certo che non siamo molto aiutati a livello educativo dalle ingerenze cattoliche e dal modello di disparità che imperversa nella Chiesa! Una donna non sarà mai papa…anche se entrambi portano la gonna!