I bambini digitali portano scarpe a strappo. Sanno tutto di computer e videogame, ma non sanno allacciarsi le scarpe. Sanno far scorrere le immagini sullo schermo di uno smartphone (e quanto ne vanno fieri i genitori), ma non sono capaci di mettere insieme due pezzi delle costruzioni. Scaricano applicazioni (anche a pagamento), ma non riescono ad andare in bicicletta e cadono anche con le ruotine, bardati di caschetto, ginocchiere, gomitiere e paramani. Insomma, maneggiano tablet e smartphone come se fossero nati col chip delle istruzioni d’uso impiantato di serie. Si destreggiano così bene, tanto da poter insegnare anche a noi adulti a compiere gesti per loro quasi istintivi, nei quali spesso noi stessi ci sentiamo impacciati, ma non hanno le ginocchia sbucciate che avevo io alla loro età.

Una generazione di infanti illuminati! Sì, soprattutto dal riflesso della retroilluminazione dei monitor, davanti ai quali sono stati spesso abbandonati. Cresciuti davanti ai “black mirror”, freddi schermi tecnologici che rimandano di questi bambini una immagine impoverita, vuota e apatica e li rende spesso incapaci di affrontare la realtà che li circonda.
Bambini cresciuti alle spalle di genitori che si fingono single e interessanti nelle chat, o adulti appagati, amichevoli e spensierati sui social. Dai quali hanno imparato a confondere virtuale e reale e a sostituire la tecnologia ai sentimenti. Bambini che diventeranno adolescenti e vivranno con l’ansia di un like virtuale, incapaci di confessare una cotta alla compagna di banco. Bambini che mancano di senso pratico e di esperienze all’aria aperta. Incapaci di distinguere tra fantasia e realtà, tra mondo fantastico e concretezza, incapaci di sviluppare mondi inventati con la propria fantasia perché trovano fantasie digitali standardizzate e preimpostate che impoveriscono il loro universo interiore.
Vivono credendosi supereroi che non si fanno mai male, pronti a spaccare scuola e maestre, considerati nemici. Ovviamente il ruolo dei cattivi lo assegnano perché sentono i genitori denigrare il ruolo di istituzioni e insegnanti, quando in realtà sono quasi sempre loro stessi ad essere carenti. Adulti inadeguati che affrontano i problemi dei figli, tendenzialmente, in due modi del tutto opposti: da una parte, bambini abbandonati a loro stessi e agli eventi, educati da mamma tv, babbo playstation e nonni tablet; dall’altra, bambini iperprotetti, sotto campane di vetro, a cui presto viene affidato un bel cellulare così i genitori ansiosi possono rintracciarli costantemente. Insomma, in ogni caso bambini esposti precocemente alla tecnologia, pronti ad affrontare una infanzia digitale.

Tecnologie che cambiano i rapporti sociali tra le persone adulte, figuriamoci cosa possono fare ai più piccoli che si affacciano al mondo e costruiscono le basi delle loro capacità di interazioni con gli altri. I bambini, estremamente vulnerabili, possono creare fin da piccoli delle vere e proprie forme di dipendenza per i contenuti digitali. In età prescolare una massiva esposizione tecnologica dovrebbe portare nei genitori una buona dose di allarmismo perché i loro figli potrebbero avere ripercussioni veramente gravi. Si va da un possibile ritardo nell’apprendimento del linguaggio ad un isolamento scelto dal bimbo che preferisce rifugiarsi nei mondi virtuali che ha imparato a conoscere; può esserci un affaticamento della vista, ma anche difficoltà a dormire, forti mal di testa, irritabilità, svogliatezza; possono esserci manifestazioni di incapacità di concentrazione, impazienza e insofferenza nella quotidianità, dovuti ad una diversità di gestione del tempo tra l’immediatezza di contenuti digitali e le normali tempistiche nello svolgimento di giochi e attività di gruppo in ambito scolastico.
Touch screen e comandi vocali hanno, infatti, peggiorato la situazione, rendendo più immediato, veloce e facile l’uso di cellulari e tablet: non serve più la coordinazione di movimenti che erano necessari per usare un mouse e tastiera di un Pc; non serve più la conoscenza alfa-numerica e linguistica utile a digitare sulla tastiera. Così anche un bambino che non sa ancora leggere e scrivere, ma ha memoria visiva, può comunicare al suo apparecchio digitale ciò che desidera vedere e il gioco è fatto….salvo poi imbattersi in contenuti imprevisti e magari impropri!

È indubbio che usare il computer può sviluppare nei bambini capacità cognitive molto particolari, ed è anche vero che in un mondo orientato al digitale sia impensabile, e anche anacronistico, tenere lontani i bambini da questi importanti mezzi comunicativi e conoscitivi, ma è importante che i genitori distinguano tra i vari usi che un bimbo può farne. Devono limitare l’esposizione agli strumenti digitali, così come, di norma, si dovrebbe fare per il tempo concesso ai cartoni in tv e dovrebbero essere presenti per capire come i loro figli vivono queste esperienze e fin dove si spingono. Gli adulti devono essere capaci di limitare l’uso ludico degli strumenti digitali, riportando il gioco nel territorio più consono all’età dei loro figli e dirottare l’utilizzo degli strumenti digitali sul piano educativo, come ausilio per svolgere i compiti.

Ma quel che vedo non mi piace, certi adulti non vanno nella giusta direzione. I bambini sembrano sempre più automi, incapaci di giocare e divertirsi. Totalmente impreparati ad affrontare i momenti di noia ed imparare a sfruttarli per far correre la mente. Resto sempre colpita quando mi capita di vederli in gruppo, i bambini digitali, totalmente disinteressati a giocare insieme. Silenziosi. Magari sono seduti nella stessa stanza, uno di fianco all’altro, ma ognuno è perso, con la testa, nella propria console portatile. E quando si scarica, si spengono anche loro. Oppure diventano improvvisamente aggressivi, come fossero in preda ad una crisi di astinenza. Si danno fastidio l’un l’altro, si provocano. Tentano di sottrarre la console dell’altro. E lo stesso isolamento li pervade anche ascoltando musica. Mi è capitato di vedere bambini seduti al tavolo, a pranzare con la propria famiglia, muniti di cuffie più grandi di loro intenti ad isolarsi senza che nessuno muova un dito. Questo menefreghismo degli adulti, fa sì che la situazione non migliori. I genitori accettano che i loro figli siano così, e spesso lo fanno per comodità, perché, finché i figli sono incollati davanti ad uno schermo, loro possono continuare le loro vite, senza pensieri, ma i problemi ci sono già e non si risolveranno da soli.

Una buona educazione all’uso dei computer, di internet e di tutti gli strumenti tecnologici di cui siamo in possesso aiuterà i bambini a rimanere tali e a crescere serenamente potendo affrontare l’adolescenza con il piede giusto. Perché i problemi a quest’età possono aumentare, soprattutto per quanto riguarda i social network e tutto ciò che una estrema esposizione può comportare. In questa fase delicata dello sviluppo emotivo e sociale dei ragazzi, il bombardamento di foto, sms, messaggi in chat, video, post, commenti, like, emoticons, whatsappate, twittate può facilmente distogliere dalle attività quotidiane come lo studio, ma anche dalle relazioni interpersonali reali, creando anche una pericolosa distorsione del confine tra pubblico e privato. L’adolescente rischia di buttarsi allo sbaraglio, senza filtri, ma soprattutto senza rete. Mostrandosi a 360 gradi con amici, ma anche con estranei, si espone a molti rischi, dal cyberbullismo al revenge porn, ma anche ad incontri reali con chi si è finto coetaneo e magari si rivela adulto e malintenzionato.
Insomma la vecchia storia di non accettare caramelle dagli sconosciuti forse sarebbe meglio tenerla presente anche nel mondo virtuale, magari smettendo di accettare richieste di amicizia dagli sconosciuti su Fb.

Purtroppo anche noi adulti ormai siamo assuefatti alle nuove tecnologie. Usiamo internet per creare una immagine diversa di noi, per poter vivere una realtà alternativa; frequentiamo i social perché abbiamo qualcosa da dire, ma chi ci circonda non ci sta a sentire; entriamo furtivamente con falsi profili per curiosare nelle vite degli altri; diventiamo schiavi di videogame di realtà virtuale perché la nostra quotidianità è troppo triste da vivere; facciamo a gara a chi ha più amici, magari quelli famosi perché pensiamo che ciò ci renda più fighi; rimorchiamo nelle chat perché non abbiamo il coraggio di prendere un altro due di picche nella vita reale; usiamo la rete per fare campagna elettorale; veniamo lobotomizzati da bufale usate ad hoc per renderci bestie insensibili e incapaci di lottare contro il sistema; ci siamo offerti spontaneamente come cavie da laboratorio fornendo qualsiasi nostro dato personale, interessi e attitudini, diventando una popolazione schedata….e non possiamo più farne a meno.
Gli smartphone riempiono gli spazi vuoti delle nostre miserabili vite, al pari di una sigaretta fumata aspettando un’amica ritardataria fuori da un locale.

Il genere umano ha la grande capacità di inventarsi sempre nuove catene per imprigionarsi!