46 anni contro. A disagio. Nel dubbio. E assolutamente me stessa.

Non scrivo da un po’ di tempo. Riprendo a farlo oggi, nel giorno del mio 46° compleanno, auspicando, anzi no, decretando la mia rinascita.
Da cinque mesi a questa parte faccio fatica, lo ammetto, a riflettere, a pensare lucidamente e a fissare in modo chiaro le mille idee che mi mulinano nella testa. Ormai sto vivendo alla giornata, passando da una casa all’altra, saltando da una città a quella successiva, con un crescente senso di smarrimento. Ricordate il telefilm Quantum Leap? Il dottor Samuel Beckett (Scott Bakula), a causa di un incidente di laboratorio, mentre lavorava ad un progetto sul viaggio nel tempo, veniva sballottato avanti e indietro negli anni, attraverso gli anni, nei panni di svariate persone, che sostituiva, temporaneamente, nell’arco dei suoi salti temporali. Il tutto avveniva con sbigottimento del protagonista e senza un motivo apparente… Ecco, da un po’ di tempo, mi sento esattamente così.

Niente di quello che mi sta succedendo è una mia scelta, mi ci sono ritrovata dentro mio malgrado; niente di quello che mi attende nel prossimo futuro mi è chiaro e guardare oltre è decisamente difficile se non impossibile; mentre, voltarsi indietro scotta ancora e rende ogni analisi dei fatti tormentata. Un lutto difficile da elaborare, anche perché solo io e il mio compagno lo percepiamo, mentre per chi ci circonda, mancando un corpo da piangere, siamo solo due pazzi strampalati e confusi in cerca di aiuto, senza che vi sia un problema realmente percepibile ai loro occhi, figuriamoci ai loro cuori.
“Vi hanno bruciato la macchina, e allora? La vita va avanti!”
Forse la loro! Per noi quel gesto è stato l’inizio di qualcosa e non un gesto isolato. Quel momento, ancora vivido ai miei occhi, ha segnato uno spartiacque tra quello che eravamo e il modo in cui viviamo adesso. Alla giornata. Senza più progetti, ma con tanto bisogno di riprenderci la nostra quotidianità che adesso ci sfugge. Senza quasi più contatti col mondo esterno, se non per il minimo indispensabile, dettato dai doveri lavorativi e parentali, ma circondati da una pessima umanità che ci rende difficili scelte e decisioni che siamo costretti a prendere. Case da vendere, case da affittare, scogli da superare a dispetto di un manipolo di infimi personaggi in completo blu, sorrisi finti e tabellari della banca dati delle quotazioni immobiliari. E’ difficile vender casa in questi tempi senza perderci tutto, ma è ancora più difficile riuscire a farsi dare una casa in affitto… tanto che apprezzo e capisco infinitamente chi è costretto ad occupare l’infinità di case vuote che ci sono in giro!
Gli amici sono ormai quasi inesistenti e come da copione, ti fanno il vuoto intorno, nel reale momento del bisogno, ma sempre pronti a chiamarti se il bisogno è loro.

A che punto siamo? Beh, adesso c’è una nuova macchina, che stiamo quasi consumando, al limite del viverci dentro, come se avessimo paura di svegliarci nuovamente senza. Siamo al terzo cambio di alloggio da novembre ad ora e sappiamo già che sul nostro percorso ne avremo almeno altri due. Le nostre cose sono disseminate a destra e a manca e manca sempre quello che serve nel momento in cui serve. Abbiamo i nervi a fior di pelle, perché niente va come deve andare e nessuno più, o quasi, ci chiede “come state?”. Viviamo nella speranza vana che le indagini inchiodino la carogna che ci ha tolto la nostra vita e nella paura che quel criminale si faccia ancora avanti. E aspettiamo che arrivino tempi migliori, con l’atteggiamento di chi fa un passo indietro, per la paura di esser di nuovo travolto dalla piena.

E questa è la cosa peggiore. Cambiare, o tacere, o limitarsi per paura. Questa non sono io. Non ci riesco. Non posso farlo a me stessa. Posso convivere con un senso di non appartenenza, di inadeguatezza, ma mettere a tacere il mio Io, la mia essenza, per paura… No, non ci sto! E da qua voglio ricominciare. Voglio riprendere in mano il libro della mia vita, voglio scrivere io i prossimi capitoli della mia storia.

Per quanto riguarda il senso di inadeguatezza, che poi in qualche modo mi ha sempre accompagnato per tutta la vita, questa sensazione è come se fosse un tratto della mia personalità. In effetti mi sono sempre sentita così. Fuori luogo, fuori epoca, fuori età. Non mi sono mai adattata ai tempi (e alle mode) in cui ho vissuto, ma non per questo ho percorso questi anni nell’ombra. Sono perennemente un pesce fuor d’acqua, ma un pesce decisamente poco muto! Ero a disagio negli anni 70, nei vuoti anni 80, nei falsi 90… Dal 2001 in poi non ne parliamo neanche. Disagio. Diversità. Smarrimento per un mondo che va in direzioni avverse e contrarie al mio pensiero e al mio modo di vedere le cose. Insomma, non sono mai stata allineata con la maggioranza imperante. Ho sempre fatto parte, orgogliosamente, di minoranze. Quelle snobbate, schernite, prese per il culo, ma anche ghettizzate e insultate.

Negli anni 70, nella mia splendida e politicizzata infanzia, vendevo L’Unità porta a porta con mio nonno. E quei ricordi nella mia testa hanno la colonna sonora di Francesco Guccini che in Eskimo cantava: “…e alcuni audaci, in tasca l’Unità, la paghi tutta, e a prezzi d’ inflazione, quella che chiaman la maturità…” Certo nel 1978 avevo solo sei anni, non avevo i vent’anni cantati da lui, ma portavo già “un eskimo innocente dettato solo dalla povertà” e avevo una sviluppata coscienza di classe. I miei argomenti preferiti erano le stelle, la politica e la F1; i miei miti Einstein, Fidel Castro e Che Guevara; ascoltavo Mozart, Guccini e Puccini. E in mezzo a tante future ballerine, veterinari, calciatori e maestre, io sognavo di fare il sindaco o l’astronauta! Insomma ero impegnata come lo erano gli adulti negli anni 70, peccato che fossi un po’ distante dai miei coetanei… per una volta che ero in linea con il periodo storico l’ho vissuto con l’età sbagliata!

Negli anni 80 il mio armadio era un buco nero. Ero dark, nera dalla testa ai piedi con qualche concessione al viola e al rosso. Per il disimpegnato paninaro tutto era possibile, il futuro era facile e a portata di mano. Io ero già cupa, pessimista e cinica. Tendevo alla depressione. Vedevo solo muri invalicabili, nuvole nere all’orizzonte ed un futuro pieno di insidie… Come facevano gli altri a non accorgersi di quanto tutto cadesse a pezzi intorno a noi, dietro finti lustrini? Forse era la troppa lacca che si sparavano in testa che ottenebrava le loro menti o la poca ossigenazione della loro pelle coperta da strati e strati di terra, trucco e cerone! Intorno a me era tutto leggero, narcisistico, consumistico e improntato all’estetica e io non sono mai stata leggera e ho sempre dato più peso all’essere che all’avere e all’apparire! Certo che se ci riflettiamo bene e vediamo come sono diventati adesso quei paninari di allora, avevo proprio ragione io a vederci nero: adulti e genitori tanto inadeguati e superficiali oggi, quanto vuoti, omologati ed effimeri adolescenti allora!

Negli anni 90, ormai maggiorenne, orfana dei miei ideali, caduti insieme al muro di Berlino (le mie idee però restano sempre e solo quelle, con o senza il muro, con o senza il PCI, sia chiaro!). Me ne andai a curare le ferite mie e dell’umanità. Studentessa universitaria fuori sede. Il sogno di una vita. Studiare. Vivere lontana da tutti. Appartamento condiviso in una nuova città, una nuova regione. Il periodo in cui ho concretizzando tutte le idee che avevo da sempre nella mia confusa testolina. I miei anni 90 si sono aperti con una grossa perdita, un suicidio che ha dato il via alla mia fase più intimista e forse, riservata. Scelsi di studiare psicologia, un po’ perché capire le persone ci mette a riparo da tante brutte sorprese, ma soprattutto per poter aiutare gli altri e per lenire i miei tormenti. In quel periodo ho vissuto in un mondo a parte, egoisticamente, segnando la mia strada. Sono diventata vegetariana, seguendo la mia anima ambientalista e animalista. Ho scelto di dedicarmi più a me stessa che al resto, perché ero realmente poco sorpresa della merda che avevamo intorno: mani pulite; Craxi e i politici che rubavano; la mafia che faceva stragi; Berlusconi che faceva politica dopo averci lobotomizzato con la tv spazzatura; guerre stupide e inutili; crisi economiche; i cambiamenti climatici… Io queste cose le avevo già viste prima che accadessero, le avevo già capite. Allora scelsi me stessa e i viaggi a Cuba per coltivare la mia anima comunista.

Dal 2001, ho vissuto perennemente in contrasto e in polemica con tutto e tutti, o quasi. Anzi, ho iniziato la mia contestazione già un anno prima… E non poteva essere altrimenti, visto che la stragrande maggioranza degli abitanti di questo pianeta consideravano il 2000 come il primo anno del nuovo Millennio. Perché se parliamo degli anni 2000, intendiamo sì il periodo che intercorre dal 2000 al 2009, ma l’inizio del Terzo Millennio, nonostante i festeggiamenti folli e la paura per il millennium bug, non coincide con il 1° gennaio del 2000, bensì con il 1º gennaio dell’anno 2001 (e terminerà il 31 dicembre dell’anno 3000 incluso).
Comunque sia, questo Terzo Millennio mi ha portato alla consapevolezza che sono destinata a far parte di minoranze sempre più osteggiate, spesso considerate snob o altezzose, altre volte beffeggiate e ridicolizzate…

In breve, esprimo condivisibili dubbi sui fatti dell’11 settembre 2001 e vengo additata come complottista. Boicotto multinazionali, diffido della globalizzazione e della flessibilità de mondo del lavoro e vengo insultata perché retrograda conservatrice (poi però arriva la crisi del 2008 e la gente pare che nel 2017 abbia iniziato a darmi ragione….). Diffido dei grandi marchi (a partire dalla mela smangiucchiata) e di come sfruttano i lavoratori nel mondo e vengo insultata perché non capisco la filosofia rivoluzionaria del tipo della mela smangiucchiata… Faccio la raccolta differenziata e ne parlo come di un argomento importante per l’ecologia e il futuro del nostro pianeta e dei nostri figli e vengo considerata esagerata, oltranzista e, ovviamente, derisa. Divento vegana e vengo trattata come una malata di mente, facente parte di una setta a cui togliere diritti. Difendo le mie idee comuniste, perché mi pare chiaro che nel mondo c’è una sbilanciatissima distribuzione delle ricchezze e le crisi economiche, generate dal capitalismo e necessarie alla sua sopravvivenza, si susseguono ormai con intervalli sempre minori, impedendo alla maggioranza delle persone di risalire a galla e vengo definita zecca rossa. Dico che papa Francesco afferma anche cose giuste perché tutto ciò fa parte dell’operazione di marketing “rilanciamo la moda cattolica” e sono additata come eretica. Guido un auto ibrida e scopro che ci sono persone che odiano così tanto chi sceglie vetture ecologiche da ostacolarle deliberatamente nel traffico!
Cos’altro posso aggiungere alla lunga lista dei miei vissuti disagiati? Ah, già. Sono molto più bassa della media, sono abbondantemente curvy, mi vesto come una eterna e immortale adolescente in t-shirt, e sono felicemente atea e sbattezzata!

Buon compleanno a me, con l’augurio di riprendermi la mia vita, rimanendo incessantemente contro, a disagio, nel dubbio, e assolutamente me stessa.