Il mio nome è Girasole. Strano come nome per un gatto, ma che ci posso fare se gli altri mi chiamano così!

Sono un gatta nera e ciò mi fa risaltare molto nel giallo dei girasoli. Si, perché io vivo davanti ad un campo di questi splendidi ed enormi fiori. Vivo con loro e, come a loro, anche a me piace crogiolarmi al sole. Quando sono cotta dal sole poi mi piace nascondermi al fresco dei loro alti steli, sotto le ruvide foglie. E quanto mi diverto nel vederli girare qua e là alla ricerca di quella calda palla gialla che si muove nel cielo.
Quando arriva la sera, dopo il tramonto, e i miei amici fiori chinano le teste per dormire, anche io vado a fare la nanna. Non dormo con loro, però.

Ho scelto la mia tana ai margini del campo giallo, dove c’è uno strano parco giochi per noi randagi. Una signora umana, che tutti chiamano “gattara”, ha creato nel suo giardino un rifugio per me ed altri gatti. Qua possiamo dormire e mangiare. C’è un divano molto morbido con qualche molla rotta su cui giochiamo a rimbalzare; ci sono dei vecchi cuscini messi nelle ceste di vimini, in cui dormono i gatti più piccoli; ci sono delle cuccette accoglienti che tutti si litigano, perché sono veramente comode; c’è una tettoia, sotto la quale una serie di cassette di legno e scatole di cartone ci forniscono riparo, per il troppo caldo o il troppo freddo o anche la pioggia; ci sono anche tanti giochi, tiragraffi, palle e alberi…

Ma io ho un posto speciale, tutto mio.
Una volta quando ero piccola e mi chiamavo Nerina, vivevo in una casa umana e passavo le giornate su una poltrona a fiori davanti ad un oggetto enorme chiamato tv. Sembrava una grande scatola rigida. Grigia. Però poi si illuminava e magicamente aveva dentro colori, piccoli umani, palline, musica e parole. La chiamavano proprio tv e io la amavo.

Un giorno la mia umana ha iniziato ad ingrassare e nella sua pancia c’era qualcosa di vivo. Io ne ero incuriosita e anche spaventata. Volevo mettermi vicino a quella pancia mai ferma, ma l’umana mi evitava, mi sgridava. Non stava più con me, non mi faceva le coccole. Un giorno l’umana panciuta e il mio umano maschio sono usciti di corsa, tutti agitati. Sono tornati il giorno dopo, molto tardi. L’umana era senza pancia, ma ciò che prima si muoveva in lei, adesso si muoveva dentro uno strano trasportino morbido, tutto rosa e fiocchi. Non feci in tempo ad avvicinarmi, per conoscere il cucciolo umano, che fui prelevata e rinchiusa in bagno. Passai lì dentro un po’ di giorni. Dormivo nella vasca. Mi portavano da mangiare, ma niente coccole. Non mi volevano più bene.
Poi vennero a prendermi e mi portarono via con il mio trasportino rosso. Pensai: “Che bello! Un viaggio!” Ma la gioia finì presto. Mi lasciarono da sola in un campo. Cercai di correre dietro alla macchina che partiva, ma poi non la vidi più. Non mi davo pace. Non capivo perché mi punivano così. Non mi ero fatta le unghie al loro divano e non avevo vomitato sul tappeto bianco!
Era notte ed ero sola. Lontana dalla mia casa, dalla poltrona, dalla tv, da loro.
Non so per quanto tempo cercai la via per tornare, ma mi persi. Poi camminando sentii profumo di tonno. Ero stanca ed affamata. Vidi i girasoli e lo strano rifugio della gattara.

Vivo qua da tanto tempo ormai. Sto bene. Ho tanti amici gatti. Tanta pappa buona. Però mi mancano le coccole umane, una casa, e per sentirmi più vicina a quello che ho perso ho deciso di dormire in una vecchia tv. Questa non si illumina. E’ senza la parte davanti. E’ stata svuotata ed abbandonata lì.
La gattara, notando la mia passione per quel rottame, non ha buttato via la tv e ci ha messo dentro un bel cuscino. E’ a fiori.
Questa è la mia casa.

 

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