E’ stagione di moralismi. Da qualche giorno non si parla d’altro che di uteri in affitto. Sembra che tutto il male del mondo sia da racchiudersi in questo orrendo rito di sfruttamento del corpo della donna. Io non sono contraria a questa pratica. Ritengo che ogni donna debba essere libera di compiere le scelte che riguardano il proprio corpo. La chiave di tutto per me sta nel concetto di libera scelta. E vorrei tanto, proprio per questo, che ci fosse  più indignazione per la continua mercificazione del corpo della donna, piuttosto che per il presunto affitto di una parte di esso!

Non voglio parlare di uteri, né di affitti, né del piccolo Tobia, figlio di Nichi e Eddy (a cui auguro una vita felice con i suoi due splendidi genitori). Voglio parlare di noi donne, dei nostri corpi e delle moderne forme di schiavitù da cui dobbiamo liberarci.

Noi occidentali abbiamo individuato un oggetto che riteniamo simbolo di oppressione e discriminazione nei confronti delle donne: il burqa.
Riteniamo, senza nemmeno approfondire più di tanto (“ce lo dicono in tv quindi deve essere vero per forza”….questa frase mi mette una tristezza infinita, ma ormai questo è il livello culturale medio del paese!), che le donne musulmane siano costrette ad indossarlo dall’Islam, in modo diretto o anche implicitamente. La donna col burqa è considerata una donna oggetto, schiavizzata da una cultura religiosa di stampo maschilista che vieta loro la partecipazione alla vita pubblica mostrandosi. Intanto dobbiamo respingere questo legame Islam-burqa. Il Corano, infatti, non ne obbliga l’uso e non da indicazioni specifiche a riguardo. Chi vuole può indossarlo. E’ una prassi che si basa sul concetto che le donne devote dovrebbero vestirsi in modo austero. Insomma più ci si avvicina a Dio più ci si copre. Non tutte le donne musulmane, comunque, scelgono di portarlo e non tutti gli uomini musulmani obbligano le donne a farlo.
Inoltre quando queste donne dall’identità celata vengono in Europa, consideriamo il burqa un segno di isolamento e segregazione ulteriore. In realtà siamo noi occidentali a non avvicinarci ad una donna col burqa. Siamo noi ad isolarla e ad averne paura senza motivo. E non agiamo così solo in presenza del velo integrale, niqab o burqa. Facciamo lo stesso anche quando il velo copre solo i capelli. Io che notoriamente attacco bottone anche con i tasti dell’ascensore, ho avuto modo di chiedere a molte di queste donne il perché del velo, sia incontrandole nei loro paesi sia in Italia. Le risposte sono varie. Una ragazza a Petra, in Giordania, mi ha detto che portava il velo perché oltre ad essere un segno della sua devozione, era molto utile a proteggere i suoi capelli dalla sabbia del deserto e a ripararla dal caldo. In effetti io ero lì a fare la turista con un orrido cappellino con visiera e lei vendeva bottigliette d’acqua con un velo bellissimo. Una signora, madre di quattro bimbi che scorrazzavano al parco di una bigotta cittadina brianzola, mi ha detto che quando usciva con i bimbi metteva solo il velo perché per lei è importante che i figli possano socializzare, senza che noi ci spaventiamo. Quando esce da sola invece si copre integralmente, per sua scelta religiosa. Nessuna imposizione. Ridendo poi mi ha detto che loro non si meravigliano del velo delle nostre suore!

Ma ammettiamo che il burqa sia veramente un simbolo di schiavitù, noi donne occidentali siamo veramente così libere come vogliono farci credere?
Ritengo che siano attuate due diverse forme di schiavitù (a cui ovviamente non tutte le donne sottostanno, né le occidentali, né le musulmane): da una parte il non mostrarsi della donna “celata”, dall’altra il mostrarsi omologato della donna “svestita”.

In Occidente assistiamo ad una continua mercificazione dei corpi femminili usati in tv, sulle riviste, nelle pubblicità, nei film e ormai anche nella politica. Corpi soprattutto nudi. Una schiera di inquietanti figure tutte uguali, taglie 38 (al massimo 40) da eterne ragazzine, protesi al seno, bocche a canotto, zigomi lustri e tondeggianti di botox. Il corpo della donna non è accettato per quello che è realmente ed il concetto della bellezza è imposto sulla base di modelli plastificati di donne omologate. Ci hanno imposto un canone di bellezza unico e statico. Dobbiamo essere tutte uguali. Una bellezza imposta: dobbiamo essere snelle e giovani per sempre. Il tempo non deve passare e allora via a toglier carne con liposuzioni, vomito indotto, lassativi e diete ferree e ad aggiungere silicone e botox dove richiesto, fino ad ottenere una maschera di noi stesse. Sono ormai sdoganate facce orripilanti e deformate dai bisturi, alla ricerca eterna di riportare in vita la nostra immagine di quindicenni, ritrovandoci però più simili a caricature mostruose. É in atto una vera e propria plastificazione dei visi, una standardizzazione dei tratti per ricercare l’immagine che abbiamo di noi, ma che in realtà è uguale a tutte le altre, come se i chirurghi avessero un unico modello plastico. Ci mascheriamo tutte allo stesso modo, dalle nostre facce ai nostri fisici, dai nostri capelli ai nostri abiti, perdendo noi stesse. Senza autostima.

La schiavitù occidentale è l’ossessiva cura che abbiamo del nostro corpo. Una cura che non ha niente a che fare con la salute e le necessità del nostro corpo, ma solo con l’immagine che vogliamo dare agli altri di noi. Un immagine che in realtà non scegliamo, ma che il costume sociale ci impone. Alle donne non viene chiesto di essere necessariamente brillanti o intelligenti. Dobbiamo essere senza rughe, senza peli, senza smagliature, senza cellulite, senza pancia, senza età, senza espressioni, senza nei…e magari anche senza idee.

Dobbiamo liberarci da questi modelli patologici. Dobbiamo accettare il passare del tempo e i segni che questo ci lascia sul corpo. Dobbiamo imparare che la bellezza fisica sta nei dettagli, nelle piccole imperfezioni che rendono ognuna di noi perfetta nella sua unicità

Io sono imperfetta. Invecchio. Ingrasso. Se decido di dimagrire lo faccio per la mia salute e non per entrare in un jeans che un obeso stilista ha deciso di creare solo in taglie mignon. Mi piacciono i miei capelli che iniziano a imbiancarsi. Se voglio mettermi le ballerine quando tutte hanno il tacco 12 lo faccio. E lo faccio nonostante io sia alta 1 metro e un tappo!

Sono io. Senza maschere. Unica. Libera. Bella.