Vi è mai capitato di sentirvi estremamente qualificati per un lavoro, fiduciosi per le vostre possibilità e con un brillante futuro che vi si prospetta, grazie ad un vostro progetto bellissimo?
Bene, iniziate fin da subito a rivedere i vostri piani, ridimensionate le aspettative e preparatevi ad ottenere un rifiuto, perché prima di voi ci sono i raccomandati e i figli di papà.

Ormai questa è la prassi. Vengono truccati anche i test di ammissione alle facoltà universitarie, figuriamoci se possono assumere noi, menti brillanti, se hanno già una lista di persone per il posto che ci calza a pennello. Hanno i nomi di chi ha pagato per avere quel lavoro; i nomi di chi ha ottenuto una raccomandazione da qualche politico o personaggio di spicco della vita locale; i nomi di chi sarebbe bene assumere perché fa comodo avere qualcuno di una determinata famiglia nello staff; i nomi di fidanzate-cugine-amanti-sorelle-fratelli-nipoti-vicini di casa, e chi più ne ha più ne metta, a cui non si può certo dir di no.
Poi in fondo alla lista, scritto in piccolo c’è il tuo nome, magari anche sbagliato, e di fianco non c’è altro. Non sei raccomandato, non sei figlio di papà, non sei famoso, non conti un cazzo e non sei pronto a prostituirti per ottenere un lavoro….in più, se sei donna, magari ti rifiuti anche di firmare una lettera di dimissioni in bianco, con la quale possono sbarazzarti di te, se resti incinta.

Ovviamente il raccomandato di turno otterrà un lavoro da sogno, con uno stipendio di cui nemmeno ha bisogno, perché ha almeno 30 anni, viene da una famiglia abbiente e vive ancora in casa con i suoi, senza neanche sapere com’è fatta una bolletta! Manco a dirlo, il suddetto figlio di papà non ha nemmeno le capacità di svolgere le sue mansioni. Si tratta di una di quelle persone a cui non affideresti neanche una pianta grassa ,da curare quando parti per le vacanze. Dovrà portare avanti progetti sviluppati da altri, di cui non capirà nulla e avrà bisogno di altri per farsi aiutare, ma non assumerà persone valide. No, lui si circonderà dei suoi amici di merende: l’ex compagno di scuola; l’amico storico che faceva con lui il boy scout; la ragazza che vorrebbe farsi; e uno stuolo di amebe che vogliono da lui i benefici estesi del suo nome e della sua posizione di raccomandato.
Risultato: il team di lacchè, capitanato da un inetto, produrrà poco o niente. L’ottimo progetto colerà a picco. L’azienda arrancherà. Ci rimetteranno il posto operai, impiegati….ma lui no. Lui rimarrà ancorato alla sua sedia e ai suoi privilegi. E anche se perdesse quel posto, ne otterrebbe subito un altro.

E noi? Noi, che abbiamo bisogno di un lavoro, perché abbiamo un mutuo da pagare, le bollette che scadono e famiglie da mantenere. Noi, che senza un lavoro non abbiamo una vita facile e siamo troppo spesso costretti a tornare indietro nel nostro percorso. Noi, che siamo obbligati a tornare dalle nostre famiglie di origine, perché le banche si prendono la casa, se non paghi le rate. Noi, a cui non resta che elemosinare soldi dai nostri nonni, i veri, e spesso unici, ammortizzatori sociali. Per noi si prospetta un infinito presente di porte sbattute in faccia. Progetti cestinati, che poi vengono ripresi e fatti propri da altri. Estenuanti colloqui in squallidi uffici. Buttare giù rospi davanti ai capi (per i fortunati che alla fine un lavoro lo trovano) incompetenti che non sanno cosa stanno facendo. Ma dopo un passato di studi, preparazione, tante piccole belle cose prodotte, professionalità acquisite, con un presente così triste e desolato, come possiamo credere nel futuro? Siamo costretti ad accettare lavori che non ci piacciono, o per i quali non siamo qualificati. Dobbiamo barcamenarci tra lavori a termine, mansioni degradanti e paura dei licenziamenti sempre più facili. Senza tutele, senza prospettive.

Ci dicono che non esistono più politicamente le ideologie, che destra e sinistra sono un retaggio del passato. Io, invece, resto fermamente convinta che ciò sia falso, soprattutto in un lungo periodo di crisi economica come quello che ci attanaglia. Non solo, ma è la differenza di classe sociale che sta dirompendo. Solo che oggi la lotta di classe è gestita della medio-alta borghesia, dalla classe politica becera e cafona e dal capitalismo finanziario. L’interesse è far si che i poveri siano impegnati a lottare tra di loro, a negarsi diritti e ad ampliare i doveri. Il proletariato ha perso. Noi siamo sempre più poveri e indifesi. Loro gongolano.

A proposito di lavori e umiliazioni. A noi della plebe capita anche di dover fare colloqui di lavoro per mansioni di ogni tipo. Vi è mai capitato di farne uno in un cucinotto? A me si. Era per un call center. Si presentavano sulla carta come ufficio moderno e competente di assistenza al cliente. Mi sono ritrovata in un appartamento mezzo vuoto, con i muri scrostati, senza scrivanie, né PC, né telefoni, a parlare con un diciottenne, seduta ad un tavolino in formica davanti ad un cucinotto. Sembrava di esser piombata indietro negli anni 70. Era una mezza truffa per quanto riguardava le modalità di pagamento (il classico stipendio ogni trenta giorni lavorativi e non per mensilità….), ovviamente gli ho detto che così ingannavano le persone. Il tipo allora mi ha detto che ero troppo qualificata per il lavoro che mi offrivano e mi ha liquidata in pochi minuti.

Ecco come ci sentiamo, noi menti brillanti! Troppo qualificati per questa società. E troppo poco raccomandati per ottenere il lavoro per cui siamo preparati! Noi siamo di troppo!